Le tecnologie avanzano sempre più velocemente, ma le competenze faticano a stare al passo. La rivoluzione tecnologica 4.0 in Italia sta portando con se una serie di cambiamenti che hanno investito il paese a una velocità senza precendenti. La mancanza di competenze necessarie ad accogliere la trasformazione, tuttavia, potrebbe trasformarsi in un’arma a doppio taglio all’interno del paese, facendo si che robotica e high-tech prendano il posto di manodopera non specializzata e comportino una perdita di posti di lavoro.
La nuova frontiera per risolvere il mismatch tra domanda e offerta che sta minacciando il futuro delle imprese passa per la formazione e per lo sviluppo del “capitale psicologico”. Dalla resilienza, alla capacità di autodeterminarsi, passando per il controllo delle emozioni: se il modello di formazione delle capacità utilizzabili dalle aziende è diventato obsoleto, e nel mondo delle università stanno incominciando a svilupparsi le prime piattaforme che sviluppano le esperienze di campo, saranno le stesse qualità dei lavoratori a fare la differenza nel campo dell’applicazione delle nuove tecniche.
A dimostrarlo sono EY e l’Università La Sapienza di Roma, offrendo con il loro progetto una nuova prospettiva sulla trasformazione di tecnologia e sulla risposta che deve arrivare dal mondo della formazione.
Il problema maggiore si presenta per le piccole e medie imprese e per i lavoratori che non possono più contare su capacità acquisite ne tempo, ma devono sottoporsi ad attività di re-skilling e di up-skilling per poter gestire al meglio le innovazioni. La differenza si gioca come sempre sul campo dell’aggiornamento professionale e sull’apprendimento di nuove competenze, ma l’Italia rimane sotto la media UE per quanto riguarda la percentuale di adulti che partecipano ad attività di apprendimento permanente, anche se le cifre sono in crescita.
“Investendo 1 euro sulla formazione e lo sviluppo di certi tipi di skill – spiega Donato Ferri, Mediterranean People Advisory Services Leader di EY – ottengo un aumento del fatturato da 2 a 3 volte il valore investito in un anno, a seconda se parliamo rispettivamente di aziende grandi o medio-piccole. Oggi a cambiare è il metodo di lavorare sulle persone, e a durare non è la competenza che si impara negli anni. Non si può pensare di non lavorare sulla psicologia e la capacità di un manager di motivare e di motivarsi, soprattutto se si considera che le aziende che hanno più successo sono quelle che possiedono diversi livelli di leadership e che nel 2050 più della metà delle professioni saranno basate sul self-employment.”.
A livello globale è in corso una trasformazione tecnologica che sta toccando tutte le realtà produttive e, se non verranno presi per tempo dei provvedimenti investendo in formazione e sviluppo di nuove competenze, il mondo del lavoro non sarà in grado di bilanciare i cambiamenti in atto.
I dati parlano di una situazione di disallineamento: in cinque anni, il 60% delle skills che oggi sono ritenute necessarie saranno superate e dovranno essere modificate. Tuttavia, se le grandi aziende si stanno aggiornando per mantenersi in linea con il progresso investendo per adottare tecnologie in corsi di aggiornamento professionale, non si può dire lo stesso delle piccole medie imprese, che se dovessero restare indietro, porterebbero un rallentamento dell’intera filiera.
In Italia, la questione è ancora più delicata: secondo i dati riportati da EY, nei prossimi cinque anni e salvo revisioni dell’età pensionabile, saranno circa 2,5 milioni di posti di lavoro disponibili, ma di questi, solo i due terzi saranno effettivi. Inoltre, da un lato il 35% delle aziende sperimenta difficoltà di reclutamento, mentre il 40% degli occupati sostiene di stare svolgendo una professione che non sia legata al proprio percorso di studi. In Italia, a mancare sono soprattutto le competenze spendibili nel campo dell’industria 4.0: cresce l’attività manifatturiera, ma alll’impresa italiana, da qui a cinque anni, serviranno 280.000 super tecnici specializzati soprattutto nel settore dell’ingegneria.
“L’Italia è l’unico paese in ambito europeo nel quale sta assistendo a un fenomeno di polarizzazione asimmetrica. Si stanno creando lavori di tipo non specializzato – aggiunge Ferri – gli investimenti nel frattempo si spostano e vann in altri paesi. Nel campo dell’innovazione, si affermano le cosiddette tecnologie di sostituzione, che invece di creare posti di lavoro li distruggono. Le tecnologie senza competenze sono una vera bomba ad orologeria: l’innovazione va prima capita, poi applicata.”.
Quali provvedimenti dovranno prendere le imprese? Puntare smart working e lifelong learning: da un lato, rendendo più flessibili orari e luoghi di lavoro, il risultato sarà che il lavoratore si concentrerà sul raggiungimento degli obiettivi, e non solo sulla gestione dei processi. Dall’altro, proporre un aggiornamento costante distribuito lungo tutta la vita professionale dell’impiegato gli permetterà di adattarsi alle necessità dell’organizzazione. Quello che si rende necessario per le aziende ora, e però superare una sfida che deve rilanciare le PMI che oggi si trovano in forte ritardo, grazie a un supporto strutturato da parte dello Stato in termini di incentivi.
di Valeria Sforzini